giovedì 22 aprile 2010

L'amore è una stronza(ta)

Fin da piccoli Ken e Barbie ci hanno insegnato che un uomo deve necessariamente stare con una donna.
Non ce l'hanno insegnato i nostri genitori. No. Perchè anche loro da piccoli giocavano con le bambole a fare le storie d'amore. Quindi quello che ci hanno detto è solo una copia della copia di una canzone che s'è incantata su un giradischi di generazione in generazione.
Come facevano gli uomini primitivi? Probabilmente si annusavano e basta, dopodichè scopavano se l'odore del partner restituiva una buona sensazione cerebrale.
Adesso no. Ci complichiamo la vita. E Barbie deve avere il vestitino sexy e Ken deve avere i pettorali pompati e la macchina sportiva.
Poi c'è il corteggiamento, dove nessuno capisce un cazzo ma entrambi sembrano felici.
E si finisce a parlare di quanti buchi ci sono per strada. O di quanto è aumentato il PIL quest'anno.
Ed in questi discorsi senza senso ogni tanto appaiono dei sottotitoli invisibili. Ed ogni tanto riesci a leggerne degli spezzoni, e questo ti rassicura. E ti eccita. Ti stimola ad essere sempre più complesso.
Parli di quante probabilità ci siano di trovare due fiocchi di neve uguali. Di quanto ti dispiaccia per il buco nell'ozono, quando in realtà vorresti solo toccarle le tette. Ma è brutto ammetterlo. Quindi ti gingilli con delle seghe mentali da premio nobel. E quasi quasi ci credi anche tu di essere immacolato come un campo innevato senza impronte.
E ti senti così puro. Fresco. Rinato.
Quando in realtà vorresti solo annusarla per vedere se ti viene voglia di scoparla.
Siamo il sottoprodotto delle fabbriche di giocattoli.
I nostri sentimenti sono stati analizzati da esperti di marketing. E dove i grafici hanno tracciato un'impennata è stata appiccicata sopra una banconota da miliardi di euro, o di dollari, o di yen.
Evoluzione.
Il cervello. Quelli si che si è evoluto. Ma quello che vuole è sempre la stessa cosa.
E non c'è niente di poetico. Niente di magico. Vogliamo solo sputare veleno contro la nostra vittima, per tramortirla a colpi di stronzate da baci perugina. Fino a metterla KO con la fatidica frase "Ti amo", che non andrebbe mai pronunciata senza la presenza di un notaio. Uno di quelli che certifichi l'autenticità dei sentimenti.
Ma questo notaio non esiste. E le parole sono solo parole. E non ci capiremo mai.
E cercheremo solamente di scimmiottare le scenette plasticose che da piccoli facevamo con Barbie e Ken. Nei minimi dettagli. E quello che abbiamo dentro ci serve solo ad elaborare seghe mentali sempre più raffinate, che facciano da contorno al piatto forte della casa: la nostra faccia da cazzo. Tutto confluisce sul volto. Sugli occhi. La bocca. E ti ritrovi a pilotare con un joystick ogni minima espressione facciale. Cercando di vincere una partita senza senso.
Guai ad ammettere il contrario.
Guai ad ammettere che il campo innevato dove pensavamo si trovasse il nostro cuore è in realtà una discarica piena di rifiuti accumulati nel tempo.
Piena d'odio e rabbia da filtrare in modo che risultino accettabili agli altri e a noi stessi.
E ci ritroviamo con certezze riciclate che in fondo puzzano di merda.
Ma sul joystick schiacciamo una sequenza di tasti che abbozzano un sorriso, e per quanto possa sembrare assurdo funziona.
E ce ne stiamo li con le nostre espressioni tirate. In un lifting facciale delle cose che nascondiamo per sentirci più forti.
Poi ti capita di abbassare la guardia un secondo e tutto va a puttane.
E per un secondo parli veramente. Stando zitto.
E la discarica viene a galla.
Ed i rifiuti che tentavi a tutti i costi di nascondere riflettono i suoi.
Tutte le ansie e le paure.
E chi se ne frega se puzzano.
Non ha importanza.
Poi il secondo finisce.
E riprendi il joystick.
E ricominci dal primo livello.
Con le budella rimescolate.
Sperando che il botox regga ancora per un po'.

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